23 novembre 2014 – Solennità di Cristo Re dell’Universo – Il Santo Padre Francesco, nella domenica che precede l’inizio dell’Anno della Vita Consacrata, canonizza sei beati fondatori o religiosi: Giovanni Antonio Farina, vescovo di Vicenza, fondatore delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori; Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famgilia, sacerdote, fondatore della Congregazione dei Carmelitani di Maria Immacolata; Ludovico da Casaoria, sacerdote professo dell’ordine dei Frati Minori, fondatore della Congregazione delle Suore Francescane Elisabettine, dette “Bigie”; Nicola da Longobardi, oblato professo dell’Ordine dei Minimi; Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, della Congregazione delle Suore della Madre del Carmelo; Amato Ronconi, del Terzo Ordine di San Francesco, fondatore dell’Ospedale dei Poveri Pellegrini di Saludecio, ora “Casa di Riposo Opera Pia Beato Amato Ronconi”.
Padre Annibale nelle sue visite a Napoli ebbe modo di incontrarsi con P. Ludovico da Casoria, fondatore delle Elisabettine, e fra i due nacque una santa amicizia. Apprendiamo da P. Vitale che P. Ludovico, “in una di quelle prime volte, al sentir parlare il nostro Padre, e delle sue opere iniziate, disse fra il serio e il faceto al P. Bonaventura, suo compagno e poi successore, ch’era presente: «Che facciamo? Lo teniamo con noi? È molto inclinato pei poveri».
Il Padre gli fece vedere una piccola pianta del Quartiere Avignone, divenuto il Quartiere del Cuore di Gesù. P. Ludovico con l’intuito dei Santi, guardandola disse:
«Mi piace, mi piace che l’Opera nasce nella Grotta di Betlemme», alludendo alla povertà e squallore dei locali. E trasportato dalla sua carità, volendo interessarsi
in qualche modo dell’Opera, non potendo farlo personalmente, soggiunse: «In Messina vi è la Marchesa di Cassibile; ora le faccio io una lettera; dobbiamo farle cacciare denaro. Anzi, scrivila tu, e io la firmo». E così fu fatto. Ma la Marchesa non ne fece nulla.
Il Padre nei colloqui avuti con il sant’uomo gli voleva strappare qualche segreto che questi adoperava nella mancanza dei mezzi. E l’uomo del Signore lo voleva persuadere che la carità deve esercitarsi entro certi limiti. Il Padre pare non restasse tanto soddisfatto della risposta, perché gli sembrava duro respingere i poveri, e replicò più di una volta: «Ma come si fa a negare ai poveri bisognosi?» Il P. Ludovico, alle sue insistenze, comprendendo che l’amore di Gesù Cristo era assai grande nel Sacerdote che gli parlava, gli disse in tono serio: «Come si fa? Come si fa? E se qualche volta anche P. Ludovico, che ha un cuore per Gesù Cristo, si addolora per non poterli aiutare, che vuoi farci?» Il Servo di Dio, davanti a un’anima che l’intendeva, non poté fare a meno di scoprirsi e tradire se stesso.
Un’altra domanda gli rivolse il Padre, che trovava talvolta i poveri restii a confessarsi, sul modo di comportarsi con costoro, e il Venerabile rispose: «Quando voi avrete raccolto un povero, e l’avrete pulito e vestito e rivestito, dalla testa ai piedi, e l’avrete soccorso almeno per un mese, allora potrète cominciare a parlargli di confèssione».
Il P. Ludovico, sin da quando conobbe il nostro Padre, s’interessò più d’una volta a pro’ delle sue Opere, presso la suddetta Marchesa, ma sempre con esito negativo” (XV, p. 129).
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