“Gli Istituti, le province e le case, come persone giuridiche, ipso jure, hanno la capacità di acquistare, di possedere, di amministrare e di alienare beni temporali, tranne che questa capacità sia esclusa o limitata dalle costituzioni. (can. 634) Una Casa Religiosa può quindi:a) acquistareb) possederec) amministrared) alienare Il limite che impone il CJC riguarda la “capacità” che può essere esclusa o limitata dalle costituzioni.La nostra normativa prescrive che Gli atti di straordinaria amministrazione non sono di competenza del Superiore; egli pertanto per poter agire, dovrà, previo consenso del Consiglio Locale, munirsi dell’ autorizzazione scritta del Superiore Maggiore con il suo Consiglio. (Norme art. 365)Se ne deduce che la competenza del Superiore di Casa e del suo Consiglio è limitata agli atti di ordinaria amministrazione.Per ciò che riguarda gli interventi sugli immobili, in modo particolare, è previsto che le modifiche di qualsisia entità ai fabbricati sono da considerarsi atti di straordinaria amministrazione e quindi non di competenza del Superiore e del suo Consiglio.Si può quindi concludere che una Comunità Religiosa non può vantare nessun diritto reale nei confronti dei beni immobili dei quali gode solo il “possesso”.In diritto si definisce “possesso” una situazione di fatto che consiste nell’utilizzare una “cosa” e nel disporne, nei modi e con i poteri che la legge attribuisce ai titolari di diritti reali sulla cosa stessa.Nel nostra caso, titolare dei diritti reali sui beni immobili di cui sopra è la Congregazione. La proprietà dei beni, sotto la suprema autorità del Romano Pontefice, appartiene alla persona giuridica che li ha legittimamente acquistati. (Can. 1256).La Congregazione, attraverso i suoi organismi rappresentativi, esercita legittimamente ed in modo esclusivo, i diritti reali sui propri beni, anche se deve sempre tenere presente la suprema autorità del Romano Pontefice, che concretamente interviene quando, ad es. si propone di vendere un immobile che supera il valore stabilito.