A fine mattinata, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza il Comitato di Redazione del programma televisivo “A Sua Immagine” e ha loro rivolto il discorso che pubblichiamo di seguito, dopo l’indirizzo che gli è stato rivolto da P. Gianni Epifani:
Discorso del Santo Padre
Cari amici, buongiorno e benvenuti! Ringrazio Padre Gianni Epifani per le sue cortesi parole. Sono contento di conoscere tutto il gruppo di “A Sua Immagine”: oltre alla conduttrice, Signora Lorena Bianchetti, anche gli autori, i redattori, i tecnici e tutti coloro che collaborano al programma. Ed estendo il mio saluto anche a quanti
vi hanno preceduto in passato.
Come sapete, anch’io seguo spesso, almeno in parte, la vostra trasmissione: quando arrivo per l’Angelus, quasi alla fine della Messa, per rileggere, incominciate voi e fino a mezzogiorno vi ascolto.
Un po’ come una “sala d’attesa” dell’Angelus. Questa trasmissione è nata dalla collaborazione tra la RAI e la Conferenza Episcopale Italiana. Infatti, l’orario domenicale coincide, nell’ultima parte, con la recita dell’Angelus in Piazza San Pietro; così, prima di affacciarmi alla finestra, mi piace seguirla per alcuni minuti, e a volte ho menzionato qualche contenuto che mi ha particolarmente colpito.
Vorrei complimentarmi con chi, ventisei anni fa, ha scelto il nome per la trasmissione: “A Sua Immagine”. Queste parole ci rimandano all’inizio della Bibbia, al Libro della Genesi, dove al culmine della creazione Dio dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26). Siamo creati “a immagine” di Dio! Non dobbiamo abituarci a questa espressione, non dovrebbe finire di stupirci: in ciascun essere umano Dio ha acceso, in modo unico, una scintilla della sua luce. In ogni persona, buoni e cattivi, tutti; perché è una questione di sostantivo, non di aggettivo: se è buona, è credente… no. A immagine di Dio: questo è il sostantivo. In questo tempo dove c’è la crisi della
“sostantività” e anche l’uso troppo indebito degli aggettivi, siamo nell’epoca dell’aggettivazione.
Quando ti domandano: “Chi è questo?” – “È un ladro, è questo e quest’altro…”. Prima
l’aggettivo, poi il sostantivo. No. Dobbiamo riprendere il sostantivo delle cose. E “A Sua Immagine”, la vostra vocazione, è cercare la “sostantività” delle cose e liberarci da questa cultura dell’aggettivazione.
A Sua Immagine. Non lasciate che queste parole, per abitudine, diventino “parole al vento”, o che si riducano a una scritta sullo schermo. Custodite lo stupore di questa Parola, per poterlo comunicare. È importante. Il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo ci testimonia di fatto la perdita, da parte di tante persone, proprio della coscienza di essere figli di Dio, creati “a sua immagine”. C’è bisogno di ravvivarla. Perché lì, in questa “immagine”, si trovano l’origine e il fondamento dell’irriducibile dignità umana; l’origine e il fondamento del nostro essere tutti fratelli,
perché figli dell’unico Padre, amati e creati “a sua immagine”.
Coerentemente con questa visione, il vostro programma presenta volti e storie di uomini e donne del nostro tempo. Lo fa, in particolare, dando voce a chi è più debole e a chi soffre; lo fa raccontando di chi vive il Vangelo nelle periferie geografiche ed esistenziali dell’Italia e del mondo; lo fa aprendo “finestre” su situazioni e luoghi che spesso sfuggono ai radar dell’opinione pubblica.
Attraverso gli ospiti e i filmati voi testimoniate, domenica dopo domenica, con garbo e senza urlare, tante esperienze di vita e di servizio. Ci ricordate che ci sono giovani capaci di impegnarsi e di spendersi per gli altri; mostrate anche i drammi dell’umanità, ma attraverso storie che ci permettono di mantenere viva la speranza, perché lasciano intravedere la bellezza del Vangelo vissuto.
Vi incoraggio a questo, vi incoraggio a continuare su questa strada. C’è bisogno di
“globalizzare” la solidarietà e non l’indifferenza. Oggi l’indifferenza è tanto globalizzata! Annunciare il Vangelo significa testimoniare con la nostra vita che c’è un Dio di misericordia che ci aspetta e che ci precede, che ci ha voluti e che ci ama. E voi, con il vostro specifico lavoro, potete contribuire molto in tal senso. E, a questo proposito, ringrazio voi e la Rai perché contribuite a dare risonanza agli
appelli che, dopo l’Angelus o il Regina Caeli, rivolgo per i fratelli e le sorelle in condizioni di grave difficoltà. Così aiutate i telespettatori a non dimenticarli, ad essere loro vicini con la preghiera, con l’aiuto concreto e con l’impegno quotidiano.
Cari amici, vi ringrazio per il vostro lavoro e per come lo fate. Lo accompagno con la mia benedizione, e benedico tutti voi e i vostri cari. E vi chiedo per favore di pregare per me.