Parrocchia St. Elisabeth of Ungary, Van Nuys, California. È da due mesi che la nostra parrocchia è chiusa, come tutte le altre. Celebriamo messa tutti i giorni e la trasmettiamo in live streaming, a mezzogiorno in inglese e alle 18 in spagnolo. Tutti i giorni rispondiamo alle centinaia di telefonate che arrivano da parte dei fedeli. Siamo testimoni della grande fede di questa gente, in maggioranza immigranti Centroamericani, del loro attaccamento alla Chiesa, ai “loro” sacerdoti; ogni giorno di più scopriamo il loro amore alla Vergine, la loro sete della parola di Dio, la fame ardente del Pane del cielo. Girano intorno alla Chiesa, ronzando come api intorno all’alveare senza potervi entrare. Spesso sostano a lungo dietro le porte della Chiesa al mattino, durante il giorno e a sera. Sentono la mancanza della comunione eucaristica e delle loro frequenti visite al Santissimo Sacramento. Abbiamo cercato e cerchiamo ogni giorno di far sentire la nostra vicinanza in tutti i modi possibili in questo tempo di pandemia.
Ma quella di oggi, domenica 17 maggio, è stata una giornata speciale, da non dimenticare. Alcuni nostri parrocchiani avevano espresso il desiderio di fare una visita alla nostra comunità, con tutte le precauzioni del caso. “Padre, se voi potete uscire tutti insieme e fermarvi sull’uscio della vostra casa, noi vorremmo passare per salutarvi e farvi sentire la nostra vicinanza, lasciandovi una offerta in un box che noi stessi abbiamo preparato. Saremo dieci, quindici persone, non di più”.
Ne parliamo in comunità. Siamo d’accordo per domenica 17 maggio.
Il giorno prima, sabato 16, arriva un’altra telefonata: “Padre, dobbiamo cambiare programma. Sono in molti a voler venire a salutarvi e lasciare la loro offerta per la chiesa. Dovremmo spostarci nel parcheggio della scuola, aprire un cancello per l’ingresso e un altro per l’uscita, la gente arriverà in macchina, senza scendere faranno la loro donazione per la chiesa e porteranno anche cibo per il centro di servizio”.
D’accordo, ci vediamo domenica alle 13.15, dopo la messa di mezzogiorno.
La giornata è bella, luminosa e calda. Alcuni volontari si pongono al controllo dei cancelli di ingresso e di uscita. Noi Padri della comunità, P. Vito Di Marzio, P. Shinto Sebastian, P. Renè Panlasigui e P. Antonio Fiorenza ci predisponiamo all’accoglienza della gente. Insieme con noi ci sono le Suore Figlie del Divino Zelo, impegnate nella scuola e catechesi parrocchiale; anch’esse quattro come noi, Sr. Marietta, S. Anna, Sr. Daisy e Sr. Angelie. Un complessino del gruppo Missioneros de Jesus esegue canti che inneggiano a Cristo, alla Chiesa cattolica, ai sacerdoti, e infondono speranza e fiducia che presto Dio abbatterà il muro della Covid 19.
All’una e quindici in punto si apre il cancello d’ingresso e inizia la sfilata delle macchine che dura per più di un’ora. Si avvicinano a P. Vito, il parroco, aprono il finestrino e depongono la loro offerta nel box che egli tiene nelle mani; più avanti c’è P. Shinto che, coadiuvato da alcuni volontari, riceve cibo e bevande per i poveri della parrocchia. La gente saluta a destra e a sinistra, i bambini mandano baci e innalzano cartelloni con scritte in inglese e spagnolo: ci mancate molto, vi vogliamo bene, viva la chiesa cattolica, viva i sacerdoti, viva le suore, presto ci riabbracceremo, grazie per la vostra presenza, grazie per celebrare la messa ogni giorno per noi. ....”, e cosi’ via. Impossibile riportare tutti gli slogan scritti o gridati a voce alta. E noi sacerdoti, mascherati come tutti loro, alziamo le mani, le agitiamo rispondendo ai loro saluti e tracciamo segni di benedizione che ricevano con devozione e gratitudine, come pioggia attesa in tempo di siccità. I bambini sono sorpresi e meravigliati, contenti di tornare per un momento nei locali della loro scuola e della loro chiesa; ho visto mamme e papà con gli occhi arrossati e piangere lacrime di gioie. Anche i nostri occhi spesso si sono arrossati.
Solo emozione e commozione? Penso proprio di no. Questi giorni di assenza fisica del popolo di Dio ci hanno aiutato a scoprire il legame profondo, sacramentalmente ontologico, che, come sacerdoti, ci lega “per sempre” al popolo di Dio. Questi giorni di segregazione e isolamento ci hanno aiutato a capire quanto il popolo di Dio ama i suoi sacerdoti. Oggi, domenica 17 maggio, ne abbiamo fatto esperienza. P. Antonio Fiorenza
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