Festa di S. Antonio, Messina

Un fiume umano, un prodigio che si ripete ogni volta come fosse la prima: è fede, è devozione, è il segno di quel legame con il divino che si umanizza nella santità di ieri e di oggi, donne e uomini che hanno vissuto la straordinarietà dell’ordinario. Famiglie, anziani, giovani, bambini, tutti dietro al Carro trionfale di S. Antonio: sono lì, radunati nel cortile dell’Istituto dei padri rogazionisti dove la macchina viene allestita prima della partenza della processione con le loro storie di vita, a pregare per chiedere o rendere grazie, a implorare pace, serenità, gioia di vivere. Le foto, i selfie con gli smartphone, le video chiamate per condividere con amici e parenti lontani l’emozione del momento, i piedi scalzi e il saio marrone di chi è già pronto a mettersi in cammino insieme ai tiratori di quell’immensa macchina, addobbata con gladioli bianchi e altri fiori di stagione; sono i segni della festa, di una devozione che rivive nella tradizione e prende forma nella modernità. La presenza più bella, il volto vero del Santo dei miracoli è quello dei paggetti antoniani con i loro costumi bianco e turchese, delle marinarette e dei marinaretti in divisa disposti attorno al mappamondo, alle estremità del carro e in testa al corteo: un arcobaleno di colori, di etnie che racconta valori quali inclusione, accoglienza e integrazione, insite nel carisma di Antonio da Padova. Gauravi e Sehas originari dello Sri Lanka, Gianmarco detto Giamburrasca, re delle marachelle, Angela, sesta di sette figli e Sham tunisina, la cui mamma islamica ha voluto che lei potesse conoscere la bellezza degli insegnamenti cristiani insieme ai rogazionisti. Quasi tutti frequentano o hanno frequentato la scuola antoniana e sui quei banchi hanno imparato a conoscere Sant’Antonio amico, come Sant’Annibale Maria di Francia e di padre Giuseppe Marrazzo, dei piccoli. E poi c'è Pietro Pistone 85 anni, 51 dei quali vissuti “sul carro”. Lui, carrozziere di professione, è lo storico manutentore della grande macchina votiva; rimasto orfano di entrambi i genitori all’età di cinque anni e mezzo, è stato accolto dai padri rogazionisti divenuti subito la sua famiglia. E’ intento a dare “gli ultimi ritocchi”: “Questa creatura è come se mi appartenesse” racconta, spiegando di aver dovuto abbassare il mappamondo di 10 centimetri e la statua del santo di 4 per farlo passare sotto i fili del tram. Perché S. Antonio? Cosa spinge tanta gente a seguirlo? “S. Antonio era già santo nella mente di Dio ancor prima di nascere” risponde, rivelando di aver ricevuto anche lui tante grazie; facendo segno verso Giuseppe suo figlio, intento a sistemare gli ex voto sulla statua, rivela che “anni fa è uscito illeso da una rovinosa caduta dal carro” proprio sotto i suoi occhi. Tutto è pronto, la processione parte, sono almeno 20mila le persone presenti tra via S. Cecilia e Cesare Battisti: in testa al corteo il cardinale Mauro Gambetti, vicario del Papa per lo stato Vaticano con il rettore della basilica padre Mario Magro, i rogazionisti, le autorità civili e militari, i volontari delle associazioni di Protezione civile e del santuario, i sacerdoti e le religiose Figlie del Divino Zelo, le comunità filippina e srilankese di S. Elia, i volontari della Mensa dei Poveri, la banda Giuseppe Verdi di Faro Superiore. La prima sosta dinanzi la basilica, per far uscire il busto reliquiario; l’omaggio al Santo degli Sbandieratori di Oria e del Piccolo Coro dell’Istituto Spirito Santo. Padre Magro insieme al cardinale prega, invoca la pace nel mondo, nelle famiglie, nelle case e prima della ripartenza. Al porporato, presidente della Fabbrica di San Pietro (ente che si occupa delle opere conservative e artistiche della Basilica Vaticana) e della Fondazione Fratelli Tutti, impegnata nella promozione dei principi dell’omonima enciclica di Papa Francesco i rogazionisti, in collaborazione con il Collegamento nazionale santuari e l’associazione La memoria dell’Arte diretta dall’architetto Michele De Martino, gli hanno consegnato il secondo esemplare della tiratura limitata della Carta dei diritti delle generazioni future, realizzata a mano e illustrata con tavole dell’artista Elvio Marchionni; il primo è stato donato a Papa Francesco nel mese di marzo. 

Giornalista Rachele Gerace

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