Rogazionisti in Padova

Quando si scrive un libro è come preparare un Convito, se poi si legge et de minimis et de maximmis è come stare a tavola a gustare le “vivande”, bevendo e discutendo con gli altri commensali. Dante, Convivio - docet. Ti vengono servite più portate e versati più vini d’ annata. La brillantezza è nella sala dove si discute sotto il plafond illuminato da ciò che si mangia e si beve, ma tradotti in connotazioni si discute di ciò che si svolge nel mondo in cerchi concentrici o su linee cartesiane. Alla fine i convitati si  trovano sazi e soddisfatti e quasi vorrebbero riprendere. E spesso si riprende. E si torna a “mangiare e a bere”.

In questa atmosfera mi sono trovato e visto io dopo aver letto “P. Annibale e Sant’ Antonio, un legame ultracentenario di Renato Spallone, dominanti lo spazio monumentale occupato dai “Rogazionisti in Padova”. Mi sono chiesto come ha fatto l’ amico scrittore, sceneggiatore, fotografo e doppiatore a rendere in me importante  la sua “operetta” da gran teatro con la sua regia. Il “libretto” di ca. 200 pagine ha proprio la struttura d’ un’ opera teatrale nelle sue cinque parti e diciassette capitoli con rispettive introduzioni, presentazioni e conclusione: tutte parti  adatte a una scenografia di luci e colori nel tempo e nello spazio fra la più bella, antica, vivace isola d’ Italia e il continente operoso. Sulle direttrici e dentro il caos i personaggi  fanno ordine, il male diventa bene, gli operatori chiamati a dar forma diventano protagonisti col Fondatore Annibale M. Di Francia, esecutori e collaboratori interni ed esterni all’ opera e al pensiero del  santo che si rivolge e affida a un altro santo. Fra loro e i bisognosi e orfani c’ è il profumo del pane.  Tutto scorre, va e viene dalla Trinacria al Veneto, a cominciare dalla Prima Grande Guerra ai nostri giorni. “Annibale 100 anni e oltre”, l’ uomo che per la sua santa dinamicità si prolungherà nei secoli, ricordato da quest’ opera di Renato Spallone, che questa volta, come il suo Fondatore, inizia proprio dal “pane”, paradigma d’ ogni nutrimento. La sua idea pare sia stata quella di dire al lettore l’ origine del “pane di Sant’ Antonio”, il pane inizia la storia e va oltre. Sì, egli parte dal pane di cui gli orfani di Messina hanno bisogno come dell’ aria e vi aggiunge la devotio culturale-religiosa di cui vuole anche sfamarli. Da Messina P. Annibale parte per legarsi in  intima amicizia con  Frate Antonio da Padova. Annibale e Antonio si guardano, guardano i piccoli e sanno quello che ci vuole: era il tempo e il luogo in cui ci voleva il pane, il pane uscito dal forno  per bimbi affamati. Annibale li ha in cura e Antonio gli manda il “pane” per mezzo di una donna che da lui è stata aiutata. Ecco il “pane di sant’ Antonio” per tutti: per i bisognosi e per i devoti, perché quel pane è un sacramentale benedetto in nome di un santo conosciuto e sempre pronto ad aiutare chiunque nel bisogno. Il libro però non si ferma a dirci l’ origine del “pane di Sant’ Antonio”, coglie l’ occasione per gettare un ponte fra Messina e Padova storicamente pensato, progettato, attuato da P. Annibale nella “città”  dove ha trovato ospitalità d’ onore il suo amico Antonio giungendo da Lisbona. La Grande Guerra, il grande male d’ogni tempo per gli uomini, lo fa correre in aiuto degli orfani con le sue suore e dopo coi suoi preti per erigere ad Antonio con le opere un monumento aere perennius: ecco il progetto della “casa rifugio” per chi resta per strada. Leggendo il libretto bianco della serie “sceneggiato a colori” vediamo scorrere davanti agli occhi il “pane” protagonista, pensato da chi lo prepara e voluto da chi lo offre a chi ha bisogno materialmente  e spiritualmente. Se il pane viene dalle mani di due “santi-santi” è santo e fa onore a chi sentì dentro Antonio e a chi dalla strada invocava aiuto ad Annibale Maria. Per scrivere però la storia delle opere rogazioniste a Padova l’ autore si serve di questo “pane” e di questa “devotio”. Fine primo tempo. Spallone quindi apre il discorso all’ arrivo delle Figlie e dei figli del P. Annibale Maria Di Francia, come si sono sempre prodigati d’ intesa con le autorità religiose  e civili, direi anzitutto con le persone umili e alte, che da oltre cent’ anni ne stanno beneficiando, dando il loro contributo culturale, educativo, missionario. Con la serie dei direttori e dei parroci di “Gesù Buon Pastore” la Padova Rogazionista ha portato e porta il “pane di S. Antonio” in ogni parte del mondo e ne riceve benevolo aiuto economico. L’ autore, fra i parroci, annota, memorizza e ora dalla cronaca passa alla storia, per dire come a Padova si trova il meraviglioso complesso delle opere rogazioniste a Via Tiziano Minio. Renato Spallone, il memorialista, fa storia ciò che un giorno fu cronaca. Incide su tavole pirografate gli eventi, ne apre un museo e invita a visitarlo e rivisitarlo per vedere ciò che è sfuggito dove come quando si è ammirato e letto. La scioltezza linguistica fa tornare a rileggere per cogliere ciò che è stato tralasciato, per afferrare ciò che è sfuggito, per capire ciò che è restato fuori. Qualcuno dal titolo potrebbe pensare che sia un “libretto devozionale”. No. È l’ opera storica di persone che si sono adoperate per gli altri. È un Simposio, un Convivio scritto con intelligenza e passione. Una cronistoria italiana per il mondo, che dà merito a chi l’ ha ideata e costruita  e a chi l’ ha scritta. In mezzo c’ è il pane che nutre tutti, il “pane” che dà formazione, istruzione, cultura, religione, la quale secondo il filosofo dell’ idealismo attualistico Giovanni Gentile è veste e forma d’ ogni sapere!                      (POSTFAZIONE vittorio nazzareno)

 

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